domenica 15 aprile 2007

La tristezza e il pianto.

Quasi tutte le espressioni hanno la loro radice nella primissima espressione: l’urlo che lanciamo quando veniamo al mondo. L’espressione della tristezza è, naturalmente, quella più legata al nostro grido iniziale.
Le varie forme di tristezza differiscono tra loro principalmente per l’intensità. La lunga abitudine di collegare il pianto a qualsiasi livello di angoscia causa una contrazione involontaria di alcuni muscoli del viso, come se ci si preparasse a piangere anche quando poi non lo si fa. Questa preparazione crea un tipo di faccia che, anche quando non è così evidente, ritrae, senza possibilità d’errore, l’infelicità.Una faccia triste induce inoltre alla compassione e al soccorso. La faccia contratta dal dolore quindi inchioda l’attenzione e può essere anche quasi insopportabile.

I muscoli che danno forma alla bocca

La bocca quadrata che urla viene creata da una spinta in su e da una in fuori. La spinta in fuori è molto intensa, con una forte tensione a tirare e tendere il labbro inferiore. La spinta verso l’alto del ramo mediano del muscolo del ghigno è più mite, ma abbastanza forte da squadrare il labbro superiore e creare la piega naso-labiale. Le guance si gonfiano molto, spinte in su sia dal muscolo del ghigno che dalla contrazione dei muscoli intorno all’occhio. Anche il mentalis si contrae quasi sempre quando si piange.

L’occhio stretto
L’occhio “stretto” è il risultato della contrazione dell’orbicularis oculi e di parte del corrugator. Quando questi muscoli si contraggono, causano una forte pressione obliqua sull’occhio. Quando si piange, l’aria viene emessa dai polmoni con più potenza del solito. Dai polmoni all’occhio si instaura una reazione a catena con il risultato finale che i capillari dell’occhio si allargano, creando una certa tensione. Per contrastarla, l’orbicularis oculi e il corrugator premono sul bulbo oculare. Più il pianto è intenso, più è intensa la contrazione intorno al bulbo oculare.

Il pianto a bocca aperta: gli adulti.
Gli adulti raramente si abbandonano al pianto disperato. Quando si piange in preda ad una totale angoscia, si assomiglia molto ai bambini. Si dà energicamente voce alla propria infelicità, con la bocca spalancata e squadrata e con gli occhi sepolti dalla massa contratta della parte superiore del viso. Gli occhi stretti sono l’aspetto cruciale, senza il quale l’elemento del pianto a voce alta non sarebbe evidente. La stessa bocca può essere aperta o chiusa, ma gli occhi sono sempre stretti. Più sono stretti e più il pianto apparirà intenso.

Il pianto: a bocca chiusa
La maggior parte delle espressioni adulte appaiono generalmente abbastanza contenute. Questo volersi trattenere si esprime sul viso in diversi modi.Una parte del viso può provare a disfare un’azione istintiva in un’altra parte del viso e tutte le diverse forme nuove appaiono in questa tensione tra forze opposte. Questo tiro alla fune è assolutamente involontario. Il primo segnale di volontà di trattenersi dal piangere è la bocca parzialmente chiusa. Il secondo, è la comparsa di una nuova forma sulla parte superiore del viso: la fronte del dolore, creata dalle azioni opposte del frontalis (in alto) e del corrugator (in basso).Piangere è un’azione complicata e dinamica e in effetti non c’è un unico aspetto del pianto.Un aspetto della tristezza è la “fronte del dolore” che è la forma assunta dalle sopracciglia quando il frontalis prova a strappare il controllo delle loro azioni al corrugator che le tira verso il basso. Il risultato è un imprevedibile tiro alla fune in cui non vince nessuno. Ma su tutti i volti, c’è quella piccola piega accidentale, quella sottile torsione nel sopracciglio di un terzo della distanza tra l’angolo interno e quello esterno, ed è quello che tira così forte sui nostri sentimenti più profondi.Le sopracciglia sono l’elemento chiave del codice della tristezza.

Completamente infelici
L’elemento principale della nostra percezione dei volti completamente infelici è l’aspetto della bocca, tesa e distorta dalle stesse azioni che vediamo nel volto del pianto, anche se leggermente meno marcate. Il che, insieme al sopracciglio angosciato e agli occhi tristi, dà al viso un aspetto di tristezza che può benissimo essere l’orlo del pianto.Il pianto è spesso breve, la tristezza, invece, può proseguire molto di più. Infatti, meno intensa appare la tristezza, più si interpreta come un momento in un umore in corso.

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