domenica 15 aprile 2007

Gridare e piangere.

Il grido sembra essere un fenomeno universale nel genere umano, è una reazione generale dell’individuo consistente in due componenti fondamentali: la vocalizzazione e il pianto. La vocalizzazione comprende il richiamo, lo strillo, l’urlo, il gemito, il piagnucolio, il lamento e il brontolio; il pianto, invece, viene qui definito come lo spargimento di lacrime dovuto a uno stimolo emozionale. La componente vocale del grido è presente sia negli animali che nell’uomo, mentre il pianto è un fenomeno esclusivamente umano.
Il grido iniziale del bambino al momento della nascita è un puro atto riflesso, dal momento che il neonato è incapace di attività volontarie. Questo grido, di fatto, gli salva la vita: esso svolge una funzione fisiologica basilare, dal momento che induce l’espansione della capacità polmonare. Il grido che si attiva subito dopo la nascita sembra essere una risposta a un bisogno fisiologico, come la fame, il freddo o il dolore. Man mano che questi bisogni vengono soddisfatti, al sistema si aggiunge l’elemento del condizionamento, e dunque le grida divengono sempre più finalizzate al raggiungimento di uno scopo. Il bambino “si aspetta” una risposta dall’ambiente e grida perché la madre venga ad attenuare il suo disagio. La natura di questo grido è essenzialmente vocale, il suo fine è di attirare l’attenzione di una persona che si trova a una certa distanza.

Sviluppo del pianto
Darwin afferma che il pianto è stato acquisito solo nel momento in cui l’essere umano si è staccato dal ceppo del progenitore comune del genere Homo e da quello delle scimmie antropomorfe. Nell’espressione culturalmente accettata del dolore, si ha un’integrazione delle due componenti del grido: il pianto e la vocalizzazione
C’è poi un altro significato del pianto,collegato al lutto. Secondo Jackson la persona in lutto che piange fa ricorso ad una tecnica sviluppata durante l’infanzia,che ha lo scopo di permetterle di liberarsi di ciò che dà fastidio. Quando il dolore è localizzato in qualche parte del corpo, il flusso delle lacrime può parimenti funzionare come una sorta di sollievo emozionale. Nel lutto, le lacrime possono aiutare a lavare via il dolore della separazione. Nelle parole di Ovidio, “è un sollievo piangere: il dolore è soddisfatto e portato via dalle lacrime”.
Il pianto sembra avere lo scopo di lavare via dal corpo il dolore e gli affetti dolorosi. Nei confronti del dolore, ci comportiamo come se esso fosse qualcosa di eliminabile dai nostri corpi, e per compiere questa eliminazione mettiamo in moto l’intero nostro apparato corporeo. L’organismo cerca con tutte le sue forze di espellere gli affetti dolorosi.
E’ stato ipotizzato che le lacrime tendano a comparire più facilmente quando sono in gioco la paura, il dolore e la gioia. Il pianto può presentarsi anche quando la paura svanisce.
Weiss ritiene che il pianto di gioia al lieto fine sia un pianto di tristezza.
Afferma Elizabeth Barrett Browning: “le lacrime sono il linguaggio silenzioso del dolore “.
Il pianto, essendo più espulsivo e repellente che non attraente, potrebbe tendere a funzionare come una richiesta di aiuto dall’interno, e la vocalizzazione potrebbe invece essere una richiesta di aiuto e di sostegno dall’eterno.
La secrezione lacrimale che ha luogo nel pianto può essere vista solo come un aspetto di una reazione generale del corpo in cui viene stimolato l’intero sistema ghiandolare, provocando la secrezione di fluidi.
Nella nostra cultura, le lacrime vengono solitamente versate come conseguenza di un dolore fisico o mentale di uno stato di sofferenza, di esperienze sentimentali, di scene esaltate, nonché al lieto fine di una situazione di tensione o di pericolo.

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