Arte, Storia e Cultura!
Questo Blog è stato realizzato da un gruppo di ragazzi con svariati interessi allo stesso tempo molto affini. Gli interessi vanno dall'arte in generale: decorazione, ritratti, ecc; alla storia: storia della musica, storia dell'arte, storia di un marinaio vissuto durante la II guerra mondiale; alla cultura in generale...
sabato 19 maggio 2007
La passione incatenata
La figura di un individuo che – nella realtà e nell’immaginario della nostra e di altre culture – costituisce la pietra di paragone dei valori e delle virtù.
Più che un eroe della conoscenza fine a se stessa,egli è spesso un campione della “vita buona”, un esempio di fermezza, di lucidità e di coraggio.
Capace di sfidare la sorte, si rende invulnerabile ai suoi colpi a alle sue lusinghe.
Salvaguarda così la propria coerenza e integrità, resistendo vittoriosamente alla pressione, altrimenti intollerabile,delle passioni proprie e della volontà altrui, e rimanendo incrollabilmente (ma intelligentemente) fedele alle proprie decisioni, perché fondate su ragioni argomentabili e ponderate.
Diversamente dalle moltitudini che vivono in un’atmosfera di paura e che subiscono il fascino della speranza.
Egli è libero da tali perturbazioni dell’animo.
Le sue passioni sono disciplinate, duttili o sottomesse.
Quelle del volgo – di fatto – ribelli, ostinate e indomite.
Remo Bodei
E così (poe) sia
Se il cuore si lamenta
la mente lo rincuora.
La mente si accontenta
il cuore tenta ancora.
La mente raramente
rammenta ciò che ignora
e mente assiduamente
al cuor che s’innamora.
Ma un cuore che si spezza
non sente più ragione,
la mente scende al cuore
per chieder spiegazione.
Ma intanto
il cuore sale dal centro del torace
e va verso la mente
per darsi un po’ di pace.
Nel mezzo del cammino
su un groppo che c’è in gola
la mente incontra il cuore
lo ascolta e lo consola.
Gemelli Ruggeri
Consapevolezza e razionalità : la ragione
La ragione sarebbe quindi la capacità di scegliere consapevolmente tra comportamenti utili e comportamenti svantaggiosi. In base a questa assunzione esisterebbe una stretta relazione o una coincidenza tra il concetto stesso di razionalità e quello di consapevolezza.
È un processo tipico della specie umana e quindi distingue l’uomo dagli animali; attraverso esso, per es., l’uomo “sa” di vivere, a differenza dell’animale, che “avverte” di vivere.
Dal punto di vista filosofico la “ragione” è la facoltà opposta alla sensazione e alla percezione ed è fondamentale per la formulazione di concetti costituenti i nessi generali e necessari su cui stabilire la conoscenza.
La normalità di un individuo è basata sull’equilibrio armonico di ragione e passioni, di agonisti e antagonisti chimici della neurotrasmissione, che si modulano reciprocamente in modo da impedire che gli uni prendano il sopravvento sugli altri. Una sorta di controllo incrociato che dà conto dell’influenza della razionalità sulle emozioni, e delle emozioni sulla razionalità.
La malattia mentale sarebbe dunque il risultato di uno squilibrio: per difetto o per eccesso di neurotrasmettitori, per difetto o per eccesso di passioni, per difetto o addirittura per eccesso di ragione.
Date le “infinite gradazioni della normalità”, stabilire quale sia l’equilibrio psichico “sano” e quindi definire la malattia mentale, è spesso molto difficile.
La ragione è, e può soltanto essere, la schiava delle passioni.
David Hume
Il cervello: centro di controllo
Oggi sappiamo che le diverse componenti del comportamento umano, percettive, cognitive, motorie, emozionali, sono elaborate ciascuna da numerosi centri e circuiti che agiscono in serie e in parallelo, secondo livelli crescenti di complessità.
Le funzioni cognitive superiori ( la “ragione” ) sembrano appannaggio di quelle aree neocorticali che si sono sviluppate più recentemente nella scala evolutiva, mentre gli aspetti istintivi e ancestrali del comportamento sembrano regolati da zone più profonde e arcaiche. Tale classificazione vede nel sistema libico il punto d’incontro fra passionalità e razionalità, il luogo in cui prendono forma le componenti più “cognitive” dell’emotività e dell’affettività.
Il sistema libico riunisce diverse strutture evolutesi in una fase intermedia, per lo più derivate dal rinencefalo, e principalmente l’ippocampo, l’ipotalamo, l’amigdala e parte del talamo. Pur rappresentando meno dell’1 per cento della massa cerebrale, l’ipotalamo ha un’importanza eccezionale, in quanto è il centro di comando di tutto il sistema endocrino, nonché del sistema nervoso vegetativo. Attraverso la modulazione dell’azione ormonale e le vie nervose discendenti verso il midollo, controlla l’espressione “palese” delle passioni: battito cardiaco, respirazione, sudorazione ecc. Chiamato anche “cervello dell’ambiente interno”, esso comprende una serie di centri che presiedono ai principali comportamenti istintivi: piacere/ripugnanza, fame/sazietà ecc.
Il sistema libico è funzionalmente connesso a centri “superiori” quali la corteccia prefrontale, l’area di più recente sviluppo evolutivo, che ha un ruolo di primo piano nell’elaborazione cognitiva dell’emozione e della motivazione.
Lo straordinario sviluppo della corteccia nell’uomo non sarebbe soltanto uno sviluppo delle sue capacità cognitive, ma anche un’estensione della sua componente emotiva e motivazionale e delle sue capacità affettive.
Odi et amo
( Ti odio e ti amo )
Perché io lo faccia forse ti chiedi,
non lo so, ma accade,
lo sento e mi tormento…………
Sigmund Freud…
da una struttura dualistica
(e autocontraddittoria):
da una parte le pulsioni premono per emergere alla coscienza, dall’altra l’incapacità di ogni individuo di accettare la parte istintuale del proprio essere
(assieme alla necessità di controllare i propri desideri imposta dalla civiltà)
fa sì che la salute psichica si riduca a un fragile compromesso fra le esigenze di ordine e autocontrollo imposte dalla coscienza e le pulsioni vitali mosse dal principio del piacere, teso alla realizzazione immediata e totale del desiderio.
Remo Bodei scrive…
Segno manifesto di un potere estraneo alla parte migliore dell’uomo, lo dominerebbero, distorcendone la chiara visione delle cose e sviandone la spontanea propensione al bene.
Agitato, lo specchio d’acqua della mente si intorbidirebbe e si incresperebbe, cessando di riflettere la realtà e impedendo al volere di scorgere alternative alle inclinazioni del momento.
Di fronte alle molteplici strategie elaborate per estirpare, moderare e addomesticare le passioni (e,parallelamente, per conseguire la signoria su se stessi, rendendo coerente l’intelligenza, costante la volontà, robusto il carattere) pare tuttavia lecito chiedersi se l’opposizione ragione/passioni sia in grado di render conto dei fenomeni a cui si riferisce e se sia giusto, in generale, sacrificare le proprie <
Presupporre energie selvagge e brancolanti nel buio (<
Decretandone la pericolosità e l’incapacità a guidare se stesse, negando loro un intrinseco orientamento e discernimento, si legittima automaticamente la liceità di delegare all’inflessibile potenza imperiale o alla persuasiva severità paternalistica della <
La subordinazione delle passioni a rigide norme razionali umane e a minacciosi comandamenti divini presenta molteplici inconvenienti, teorici e pratici.
Lo scopo del dominio delle passioni è quello di interiorizzare imperativi sociali e culturali, così da corazzare, immunizzare e mitridatizzare l’individuo (centralizzandone l’io e impegnandone attivamente le energie) dinanzi a potenze effettivamente squilibranti che gli si presentano come straniere, ma che da sempre vivono in lui – sono, anzi, lui – e che per giunta quando si incontrano con quelle di altri uomini, posseggono un chimismo virtualmente esplosivo per l’ordine sociale.
Ma gli obblighi imposti dalla morale e dalla tradizione (resi istituzionalmente accettabili da <
Philippe Dubois scrive…
( delle percezioni, dei sentimenti o delle emozioni, come dice Cartesio; elle tendenze, delle inclinazioni, dei desideri e delle avversioni, come scrive l’Encyclopédie – puro affare quindi di pathos, di forze, d’energia: passione-pulsione).
In altri termini, le Passioni in quanto tali appartengono all’ordine dell’inafferrabile e dell’immateriale.
E non si potrà avvicinarle, osservarle, codificarle se non considerandole nella loro “espressione” ( generale e particolare),
cioè laddove esse si esprimono e si imprimono, si marcano e si segnano, lasciano tracce e impronte visibili.
Le Passioni, in fondo, sono una questione di rappresentazione,
un po’ come il vento o la tempesta nella pittura classica,
che si possono dipingere solo grazie alle loro conseguenze rappresentative ( i rami carichi di foglie che si piegano,
la densità e il colore delle nuvole, ecc.).
L’irrappresentabile passionale,
che si può considerare solo nelle sue manifestazioni,
sarà quindi sempre letto, letteralmente ed essenzialmente,
attraverso i suoi effetti sui corpi.
Istinti e passioni
In psicologia per passione s’intende una tendenza in forte tensione, capace di perdurare e dominare attraverso emozioni, immagini, idee e tutte le altre forze dello spirito. Nella passione soprattutto durante la sua fase acuta o dispotica, domina una logica di sentimenti che si distingue da quella razionale.
Sappiamo bene che non è tutto così roboticamente spiegabile, e che le emozioni implicano processi cognitivi non trascurabili: emozione e agire cosciente sono cioè indissolubilmente legati nel nostro cervello. Eppure, fino a mezzo secolo fa la scienza biologica considerava istinto e passione anatomicamente separabili in ammassi di cellule nervose della materia cerebrale.
Gli stati emozionali hanno un’organizzazione estremamente complessa, che collega fra loro varie strutture cerebrali attraverso reti di circuiti spesso bidirezionali. Una massa fatta di nuclei di cellule tra loro geneticamente affini, saldati da ultramicroscopici punti di contatto i quali scaricano nel sottilissimo spazio che separa un neurone dall’altro ( la fessura sinaptica ) rapidissimi trasmettitori di informazione chimica, e nello spazio di microsecondi creano quella sensazione di stato emotivo a noi tutti ben nota. Per questo arrossiamo, proviamo batticuore, senso di disagio, a volte improvvise vertigini o cambi dell’umore.
L’emozione resta per il neurobiologo il realistico prodotto dell’attività concertata di milioni di elementi cellulari del sistema nervoso.
Anche Charles Darwin scriveva, ne “L’origine dell’uomo” ( 1871 ):
“Il fatto che gli animali a noi sottostanti risentano le medesime emozioni che risentiamo noi stessi è tanto evidentemente confermato, che non è necessario tediare il lettore riferendo molti particolari. Il terrore ha la stessa azione sopra di essi come sopra di noi, facendone tremare i muscoli, battere il cuore, rilasciare gli sfinteri, e drizzar i peli”.
Tale serie di modificazioni è scatenata da reazioni neuroendocrine controllate dal sistema nervoso simpatico ( il principale regolatore delle funzioni viscerali) e accompagna l’esperienza emozionale, fatta anche di elementi cognitivi e di segnali di comunicazione fra individui della stessa specie volti a trasmettere istinti e passioni.
I metodi di studio dell’espressione delle emozioni nell’ Homo sapiens hanno risentito di studi sul comportamento animale. L’espressione di emozioni quali paura, gioia e collera può venire accuratamente valutata mediante la caratterizzazione dei gruppi muscolari implicati nelle mimiche facciali tramite il sistema di codificazione delle azioni facciali oppure quello che discrimina i movimenti del viso.
Se nell’uomo istinti e passioni seguono canoni soprattutto culturali, anche negli animali risposte fino a ieri considerate puramente “istintive” – e dunque immutabili perché inscritte nel patrimonio genetico della specie – si dimostrano in verità modificabilissime una volta accortamente penetrati i fattori determinanti che li scatenano.
Lo studio dei moti dell’anima, e delle loro manifestazioni visibili sul volto umano, ha dato vita a una lunga tradizione di “Trattati delle Passioni”. È soprattutto con Cartesio, e con il suo Trattato delle passioni dell’animo del 1649, che la classificazione sembra assumere una struttura completa e definitiva. Nella teoria cartesiana, sei diverse passioni fondamentali giocano nell’animo e sul viso dell’uomo: l’ammirazione, l’amore, l’odio, il desiderio, la gioia e la tristezza.
Introduzione : le emozioni
Il discorso sulle emozioni è chiaramente centrato sull’amore, il “primo” tra tutti i sentimenti, e prende il via dall’interpretazione stessa del nome che designa il sentimento, eros, e gli amanti, amanti eroici.
Le emozioni provocano delle reazioni psicosomatiche.
Il pallore è determinato dal fatto che nei momenti di disperazione il calore del corpo scende verso il centro dell’organismo, raggelando le zone cutanee.
Il sospirare è causato dal fatto che quelli che hanno qualche passione stanno con tutto l’animo a quella cosa che dona dolore.
Il venir meno è occasionato dal soffocamento temporaneo se il cuore non richiama l’anima.
Le lacrime sono il prodotto dell’eccessivo calore interno che spinge fuori dagli occhi l’umido naturale.
Le reazioni emotive, proprio perché non rispettano l’ordine gerarchico che vuole che il cervello, essendo la parte alta, abbia sempre il controllo sul resto delle funzioni psicomotorie, tendono a sobillare l’ordine naturale.
giovedì 26 aprile 2007
La seconda guerra mondiale
Guerra combattuta dal 1° settembre 1939 all’8 maggio 1945 in Europa e dal 7 dicembre 1941 al 2 settembre 1945 in Asia. Più che in qualsiasi altra guerra precedente, il coinvolgimento delle nazioni partecipanti fu totale e l’evento bellico interessò in modo drammaticamente massiccio anche le popolazioni civili.
La sua conclusione segnò l’avvento di un nuovo ordine mondiale incentrato sulle due superpotenze vincitrici, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Verso la seconda guerra mondiale
La Germania nazista stava attuando la prima fase del suo progetto di un nuovo ordine internazionale che prevedeva l’espansione territoriale tedesca e l’asservimento degli altri popoli. La prima fase fu quella di costituire un sistema di alleanze tra cui l’alleanza con la proclamazione dell’Asse Roma-Berlino (ottobre 1936).
L’Italia fascista di Benito Mussolini si stava sempre di più legando alla Germania nazista di Adolf Hitler.
Il 22 maggio 1939 fu firmato il “Patto d’Acciaio” tra l’Italia e la Germania. I due Stati si impegnarono a prestarsi reciproca assistenza in caso di guerra sia difensiva che offensiva.
Il 23 agosto 1939 fu firmato un patto di non aggressione tra la Germania e l’Unione Sovietica, chiamato patto Ribbentrop-Molotov, in cui la Germania si assicurava la neutralità russa e la Russia poneva le premesse per un’eventuale espansione verso occidente.
Scoppia la guerra
Il 1° settembre 1939 le truppe tedesche entrarono in Polonia e senza che i difensori potessero opporre altro che il coraggio e lo spirito di sacrificio, i Tedeschi applicarono la strategia della “guerra lampo”, con terrificanti bombardamenti ai quali venne sottoposta la popolazione civile (guerra totale), e in poche settimane completarono l’occupazione della Polonia occidentale. Intanto Stalin il 17 settembre 1939 con le armate sovietiche occupò la Polonia orientale.
Chiuso in una morsa , l’esercito polacco fu costretto dopo dieci giorni ad arrendersi: la capitale Varsavia era rasa al suolo e l’intera struttura politico-amministrativa distrutta. In meno di un mese lo Stato polacco cessò di esistere: il suo territorio fu diviso fra la Germania e la Russia.
Due mesi dopo l’esercito sovietico invadeva anche le repubbliche baltiche dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania e attaccava la Finlandia.
Hitler allo scopo di assicurarsi le più ampie basi d’attacco contro l’Inghilterra, con una fulminea aggressione s’impadroniva della Danimarca e della Norvegia. Quindi il 10 maggio le armate tedesche, dopo aver violato la neutralità dell’Olanda, del Belgio e del Lussemburgo, penetravano in Francia, aggirando la formidabile linea Maginot (sul confine franco-tedesco). Nel giro di pochi giorni tutta la costa della Manica fu in mano tedesca, mentre il corpo di spedizione britannico sbarcato nel frattempo sul continente era sconvolto e decimato e costretto riprendere precipitosamente il mare a Dunkerque (ritirata di Dunkerque) sotto gli attacchi di aerei tedeschi.
L’Italia era rimasta sino ad allora fuori dal conflitto, avendo il Consiglio dei ministri proclamato il 1° settembre 1939 la “non belligeranza”. Il 10 giugno 1940 anche Mussolini decise di entrare in guerra dichiarando guerra alla Francia e all’Inghilterra.
Il 22 giugno, dopo l’occupazione di Parigi da parte nazista, il capo del governo francese ( il vecchio maresciallo Henri Pétain) era obbligato a chiedere l’armistizio. La Francia settentrionale divenne zona di occupazione tedesca, la Francia meridionale era affidata al governo Vichy .
Il 24 giugno anche l’Italia firmava l’armistizio con la Francia.
Hitler, sconfitta la Francia, impegnò a fondo l’apparato bellico tedesco contro l’Inghilterra. L’8 agosto Hitler, deciso a piegare al più presto l’avversario, dette inizio ad una serie di bombardamenti a tappeto sulle installazioni militari e sulle più importanti città dell’isola. Ma né le rilevanti perdite umane subite, né le paurose distruzioni riuscirono a fiaccare la volontà di resistenza del popolo inglese e della sua aviazione che si andò rapidamente rafforzando grazie all’impiego del “radar”. Così la capacità di resistenza inglese ebbe la meglio e la “battaglia d’Inghilterra” si risolse l’ottobre 1940 in un insuccesso per i Tedeschi. A guidare con tenacia la resistenzae la ripresa militare fu Winston Churchill (primo ministro inglese ).
Il 27 settembre 1940 Germania, Italia e Giappone stipulavano il “Patto tripartito”. Con tale patto le tre potenze si impegnavano a predominare su tutti gli altri popoli asiatici ed europei, con un rigido sistema di gerarchizzazione politica e socio-economica, destinato a sfociare in una vera e propria spartizione del mondo.
A questo punto Mussolini, spinto da motivi di prestigio, il 28 ottobre 1940 attaccò dall’Albania la Grecia, ma l’impresa si rivelò fallimentare e i Greci nella controffensiva penetrarono in territorio albanese.
L’Inghilterra con una decisa avanzata dall’Egitto riuscì a penetrare in Libia, mentre altri reparti inglesi in Africa orientale occupavano la Somalia, l’Eritrea e l’Etiopia. L’11 marzo 1941 il presidente americano Roosevelt fece approvare la legge “affitti e prestiti”, che servì a finanziare lo sforzo bellico dell’Inghilterra.
L’obiettivo fondamentale del nazismo restava pur sempre la distruzione dello Stato comunista, ecco perché, il 22 giugno 1941, Hitler dette il via all’operazione Barbarossa, ordinando alle sue divisioni di attaccare l’Unione Sovietica. L’avanzata nel territorio sovietico da parte delle colonne motorizzate germaniche, appoggiate da un corpo di spedizione italiana fu rapida e travolgente.
A metà ottobre, con il sopraggiungere dell’inverno piuttosto in anticipo sul previsto, l’avanzata restò bloccata senza che potesse essere attuato il progetto di attaccare Mosca.
Nel frattempo mezza Europa era dominata dalla Germania.
In particolare i Tedeschi organizzarono con crudeltà lo sterminio degli Ebrei mediante deportazioni in massa, lavori forzati, torture, quasi sempre destinate ad avere la loro tragica conclusione nelle camere a gas o nei forni crematori dei campi di concentramento. Il mito della superiorità della razza ariana è un elemento fondamentale della teoria dello Stato nazista ed aveva come fine la conservazione e l’affermazione della razza superiore.
Il 14 agosto 1941 il primo ministro inglese Churchill e il presidente statunitense Roosevelt si incontrarono su una corazzata nell’Atlantico, al largo dell’isola di Terranova, e concordarono un piano per il riordinamento del mondo sulla base di alcuni fondamentali principi ispirati alla libertà e alla democrazia e da realizzare dopo la distruzione della tirannia nazista: nasceva così la Carta Atlantica, con la quale si fissavano gli elementi ideali e politici per una pacifica convivenza e una feconda collaborazione fra i popoli e per l’esclusione della guerra. Sulla base di tali presupposti e delle “quattro libertà” venne firmata il 1° gennaio 1942 a Washington una Dichiarazione delle Nazioni Unite e creata successivamente l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite).
Il 7 dicembre 1941 il Giappone, con quattrocento aerei attaccò e distrusse, a Pearl Harbour nelle isole Hawaii, la flotta americana del Pacifico. Le ragioni dell’attacco giapponese furono: assicurarsi il controllo del Pacifico centro-orientale e aprire la via alla realizzazione della costituzione di una “grande Asia” sotto l’agemonia giapponese. L’azione giapponese determinò l’immediato intervento degli Stati Uniti.
Della primavera estate del 1942 furono i successi germanici in Unione Sovietica, ove le truppe naziste, occupata la Crimea e superato il Don, giunsero ad investire il grande centro industriale di Stalingrado.
Nei giorni 3-4 novembre 1942 fu fermata ad El Alamein, in Africa settentrionale, l’avanzata delle truppe dell’Asse, e fu successivamente avviata un’offensiva anglo-americana che portò alla resa delle forze italiane. Il 2 febbraio 1943 si concludeva la battaglia di Stalingrado con la resa della VI armata e l’inizio della controffensiva russa.
L’Italia era ormai giunta ai limiti delle proprie possibilità di resistenza, ecco perché nella Conferenza di Casablanca (Marocco) del gennaio 1943 Roosevelt e Churchill, decisi ad aprire un secondo fronte in Occidente, scelsero come obiettivo dell’attacco proprio l’Italia. Il 10 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia e la conquistarono in poche settimane.
Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo mise in minoranza Mussolini e chiese che fossero restituiti al sovrano i poteri che lo Statuto gli riservava. Il giorno successivo il re fece arrestare Mussolini e affidò al maresciallo Badoglio l’incarico di formare un nuovo governo. In questo modo il regime fascista crolla.
L’8 settembre, fu segretamente firmato a Cassibile, nei pressi di Siracusa, un armistizio con gli anglo-americani. All’alba del 9 settembre il re, la corte e il governo abbandonarono Roma e si rifugiarono a Brindisi.
A Roma, dopo il tradimento della monarchia e del governo, alcuni ufficiali tentarono di organizzare la difesa della città.
Il 12 settembre un gruppo di paracadutisti tedeschi liberava Mussolini prigioniero a Campo Imperatore sul Gran Sasso, conducendolo in Germania. Il duce, divenuto uno strumento nelle mani dei Tedeschi, dichiarò di voler riprendere la guerra al fianco dell’alleato e proclamava l’istituzione della Repubblica Sociale Italiana detta anche “Repubblica di Salò”.
Aveva così inizio in Italia la Resistenza, un movimento di lotta, per liberare il territorio nazionale dalle truppe nazifasciste. Fra il 1943 e il 1945 molti italiani si trovarono divisi in due: i “repubblicani” schierati a fianco dell’alleato tedesco e i “partigiani” ostili alle truppe tedesche di occupazione.
Il 13 ottobre Badoglio dichiarò guerra alla Germania e fu accettato dagli alleati come co-belligerante. L’Italia si trovò divisa in due zone: il Sud occupato dagli Alleati, il Nord occupato dai Tedeschi.
Alla fine di novembre del 1943 si incontrarono per la prima volta Roosevelt, Churchill e Stalin in una conferenza tenuta a Teheran. Il presidente americano e il primo ministro inglese avevano già approvato il piano d’attacco attraverso la Manica (operazione Overlord) e Roosevelt era del parere che si dovesse partire quando le condizioni metereologiche fossero state favorevoli. Stalin si dichiarò d’accordo con Roosevelt e quindi l’operazione Overlord fu programmata per il maggio 1944.
A Bari il 28 gennaio 1944 in un congresso dei partiti antifascisti del Cln (Comitati di Liberazione Nazionale) tenuto con la partecipazione di eminenti personalità, furono concordati il tempo e il modo per far decidere liberamente al popolo italiano quale dovesse essere il suo futuro ordinamento. In quell’occasione venne richiesta l’abdicazione del vecchio sovrano: gli avrebbe dovuto succedere il figlio Umberto il quale avrebbe dovuto rinunciare ai propri poteri delegandoli ad un Consiglio.
Il 12 aprile 1944 ci fu un accordo: in base ad esso il re si impegnava a nominare, al momento della liberazione di Roma, il figlio Umberto “luogotenente del Regno” e a rimettere la scelta fra monarchia o repubblica ad un referendum popolare da tenersi al termine della guerra.
Il 4 giugno 1944 gli Alleati entravano a Roma, e nello stesso giorno Umberto di Savoia era nominato luogotenente generale del Regno, mentre il generale Badoglio veniva esonerato dall’incarico e sostituito da Ivanoe Bonomi, capo del Cln. Le truppe anglo-americane superata Roma, raggiungevano Firenze, già liberata dai partigiani. L’avanzata alleata fu però di nuovo bloccata, allorché venne raggiunta la “Linea gotica”.
Il 6 giugno 1944 le truppe alleate lanciarono la più vasta offensiva marittima della storia. 132.000 uomini, a bordo di 2.000 navi, attraversarono la Manica e sbarcarono in cinque punti lungo la costa della Normandia. Nonostante le avverse condizioni atmosferiche, i soldati riuscirono ad occupare le spiagge con l’appoggio di 23.000 paracadutisti.
Nel mese di agosto ebbe luogo un altro sbarco in Provenza fra Tolone e Cannes, che contribuì a far crollare la resistenza dei reparti germanici. Così a settembre la Francia era liberata e affidata ad un governo sotto la guida del generale De Gaulle.
La conclusione del conflitto
Gli Anglo-Americani passavano il Reno e marciavano verso il cuore della Germania, polverizzando la città tedesche con bombardamenti; i Sovietici, a loro volta, occupavano la Prussia orientale. Il 25 aprile la tenaglia antinazista si chiudeva con l’incontro delle avanguardie americane e sovietiche sull’Elba.
Mentre gli Anglo-Americani il 21 aprile superavano la “linea gotica”, il 25 le popolazioni insorgevano e si liberavano dall’oppressione nazista. Il 27 aprile Mussolini venne riconosciuto da una formazione partigiana preso Dongo e il 28 aprile fucilato a Giulino di Mezzegra sulle rive del lago di Como.
Il 30 aprile Hitler si suicidava nei sotterranei della Cancelleria del Reich e il 7 maggio 1945 a Reims nel quartier generale del comando supremo americano anche la Germania sottoscriveva la resa.
Per anticipare la fine del conflitto, Roosevelt, Churchill e Stalin decisero di riunirsi tra il 4-11 febbraio 1945 a Yalta (Conferenza di Yalta), una città dell’Unione Sovietica. Nel corso della conferenza vennero prese alcune importanti decisioni sul comportamento da tenere dopo la disfatta della Germania nazista e sull’entrata in guerra dell’Unione Sovietica contro il Giappone.
Per vincere la resistenza giapponese il presidente americano Harry Truman decise di utilizzare la bomba atomica. Il 6 agosto 1945 una bomba atomica venne sganciata su Hiroshima (base militare giapponese) provocando una catastrofe senza precedenti.
Tre giorni dopo il 9 agosto 1945 una seconda bomba distrusse Nagasaki.
Il 2 settembre 1945 a bordo della corazzata americana “Missouri” ancorata nella baia di Tokio, il Giappone firmava l’atto di resa.
La Guerra Fredda
Dopo la seconda guerra mondiale la Germania fu divisa in due zone occupate dai vincitori del conflitto. Le regioni occidentali formarono la repubblica federale, la zona orientale, sotto il controllo sovietico, divenne la repubblica democratica tedesca, ebbe così inizio la Guerra Fredda.
Anche Berlino, ex capitale del Terzo Reich, situata nella zona occupata dalle forze sovietiche fu divisa in due parti: Berlino est e Berlino ovest.
Nel 1961 il governo della Germania Est fece erigere un muro tra le due parti della città ( muro di Berlino). Il mondo occidentale, guidato dagli Stati Uniti, si impegnò ad evitare l’isolamento totale di Berlino ovest. Al passo dalla guerra nucleare gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si accordarono, ma il “muro di Berlino”, segno visibile della cortina di ferro, continuò a costituire il fronte simbolico della Guerra Fredda. Solo negli anni ’80 la tensione internazionale si allentò grazie alla politica di apertura praticata dal presidente sovietico Gorbaciov.
Nel novembre 1989 furono eliminate le barriere tra le due parti della città e i cittadini di Berlino ripresero a circolare liberamente; il muro che aveva diviso per lunghi anni la città, venne abbattuto.
giovedì 19 aprile 2007
GLI ORGANI COSTITUZIONALI
Il Parlamento esprime la volontà popolare, fa le leggi, elegge il capo dello stato, accorda la fiducia al governo. Proprio per la sua “centralità”, la nostra è una Repubblica Parlamentare.
La principale funzione del Parlamento è quella legislativa, cioè l’emanazione di leggi costituzionali e ordinarie.
· Costituzionali sono le leggi che modificano o integrano la Costituzione.
· Ordinarie sono le leggi che regolano l’andamento della vita sociale.
Il Parlamento italiano è composto da due camere, che hanno gli stessi poteri, identiche funzioni e una pari durata di 5 anni (bicameralismo perfetto): la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica.
La Camera è formata da 630 deputati. Sono elettori i cittadini che abbiano raggiunto 18 anni (elettorato attivo); sono eleggibili tutti coloro che abbiano raggiunto 25 anni (elettorato passivo).
Il Senato è formato da tre categorie di senatori:
· elettivi: sono 315 e restano in carica cinque anni. Sono elettori i cittadini che abbiano compiuto 25 anni; sono eleggibili coloro che abbiano compiuto 40 anni;
· di nomina presidenziale: sono 5 senatori a vita che vengono nominati dal presidente della repubblica per meriti particolari;
· di diritto: sono gli ex presidenti della repubblica e restano in carica a vita.
Le due camere esercitano la loro attività del tutto indipendenti l’uno dall’altro, salvo alcuni casi.
Le sedute comuni di camera e senato sono dirette dal presidente della camera dei deputati.
La camera e il senato, possono essere sciolti dal capo dello stato prima della scadenza normale, tranne che negli ultimi sei mesi del suo mandato (semestre bianco).
La volontà del Parlamento si manifesta a maggioranza, che può essere semplice, relativa, assoluta e qualificata:
· semplice: quando una proposta ottiene la maggioranza dei voti;
· relativa: nei casi di votazioni per designare una o più persone a determinate cariche;
· assoluta: quando la proposta ottiene almeno la metà più uno dei voti dei componenti della camera o del senato;
· qualificata: quando una proposta riporta un numero di voti corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge.
Le votazioni possono avvenire in due modi: per scrutinio palese (appello nominale e alzata di mano) e per scrutino segreto (con le schede e con l’urna).
I deputati e i senatori non sono perseguibili, per cui, non possono essere sottoposti a sanzioni penali, civili o disciplinari neanche dopo la cessazione dalla carica.
Questa garanzia di insindacabilità, permanente, copre ogni espressione di opinione politica dentro e fuori del Parlamento.
Un’altra garanzia è l’immunità, cioè il divieto di arresto e di perquisizione personale o domiciliare, senza l’autorizzazione della camera alla quale appartengono (autorizzazione a procedere).
Infine le due camere, godono dell’immunità della sede, per cui nessun pubblico funzionario può entrarvi senza l’autorizzazione dei rispettivi presidenti.
Il Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale al di sopra di ogni maggioranza parlamentare e di ogni parte politica.
Quale custode e garante del nostro sistema democratico, può inviare messaggi alle camere; può sospendere la promulgazione di una legge; può sciogliere le camere o una sola di esse. Il presidente interviene con la sua autorità e il suo prestigio nei momenti più difficili della vita del paese, come in occasione di una crisi di governo.
Il capo dello stato è dunque l’organo rappresentativo, di coordinamento e di equilibrio del nostro sistema costituzionale.
Egli viene scelto da un collegio elettorale formato da tutti i parlamentari riuniti in seduta comune, ai quali si aggiungono tre rappresentanti per ciascuna regione (58 delegati regionali). La votazione avviene a scrutinio segreto; ogni elettore può scrivere sulla sua scheda il nome di un qualsiasi cittadino italiano, purché abbia compiuto i 50 anni di età e goda dei diritti civili e politici. Per i primi tre scrutini è richiesta la maggioranza dei due terzi degli elettori; dal quarto scrutinio in poi è sufficiente la maggioranza assoluta.
Il Presidente eletto giura davanti al Parlamento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione. Egli resta in carica 7 anni e può essere rieletto. In caso di impedimento temporaneo, è sostituito dal presidente del senato.
Particolari prerogative sono assicurate al Capo dello Stato, tali da conferirgli il massimo prestigio e la più completa indipendenza. Egli si avvale di funzionari civili e militari addetti alla sua persona che hanno il compito di assisterlo nelle sue funzioni.
Il Governo
Il Governo è il titolare del potere esecutivo ed è l’organo che imprime la direzione politica a tutta la vita dello Stato e del Paese.
Esso è composto dal Presidente del Consiglio e dai singoli ministri. Sia il presidente del consiglio che i ministri sono nominati dal capo dello stato, nelle cui mani devono giurare fedeltà alla repubblica.
La scelta del presidente del consiglio cade sulla persona che goda la fiducia di una ben delineata maggioranza parlamentare.
Il Presidente della Repubblica giunge alla raccolta degli elementi che motivano la sua decisione mediante le consultazioni.
Entro dieci giorni dalla sua formazione, il governo deve presentarsi alle camere per esporre il programma e chiedere il voto di fiducia. La votazione avviene per appello nominale, ossia con voto palese, perché ogni parlamentare deve assumersi la responsabilità dell’atto che compie.
Il presidente del consiglio dirige la politica generale del governo e ne è responsabile; mantiene l’unità d’indirizzo politico dell’esecutivo, promuove e coordina l’attività dei ministri.
Il consiglio dei ministri ha specifiche attribuzioni: decide su questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione. Entro certi limiti ha anche competenza legislativa, in quanto può presentare proposte di legge e può emanare provvedimenti legislativi, che però debbono essere prima autorizzati dal parlamento.
I ministri agiscono nell’ambito del ministero a ciascuno assegnato per attuare le decisioni prese dal consiglio dei ministri. Hanno responsabilità politica, civile e penale.
La Magistratura
La Magistratura è formata dall’insieme dei giudici che hanno il compito di amministrare la giustizia.
I principi fissati dalla Costituzione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici sono:
· i giudici sono soggetti solo alla legge;
· la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere;
· le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso;
· i magistrati sono inamovibili.
Il consiglio superiore della magistratura C.S.M., presieduto dal capo dello stato, è l’organo che decide tutto ciò che concerne le assunzioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati, escludendo ogni interferenza degli altri poteri.
Il consiglio superiore della magistratura, posto al vertice dell’ordinamento giudiziario, è composto di 33 membri.
· 3 di diritto, cioè il presidente della repubblica, il presidente e il procuratore generale della corte di cassazione;
· 30 elettivi, dei quali 20 eletti dai magistrati (giudici togati), 10 eletti dal parlamento in seduta comune (giudici laici).
I giudici elettivi durano in carica 4 anni e non possono essere subito rieletti.
La Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale è un apposito organo creato dai padri fondatori del nostro sistema repubblicano, affinché garantisse i cittadini contro eventuali abusi di potere.
Le decisioni della corte sono richieste dal giudice ordinario. Questi infatti, se nel corso del processo rileva che una legge può essere in contrasto con la Costituzione, si appella alla corte costituzionale perché valuti la questione e stabilisca se la legge è legittima o illegittima.
La corte costituzionale si compone di 15 membri:
· 5 nominati dal parlamento;
· 5 nominati dal presidente della repubblica;
· 5 nominati dai più alti magistrati appartenenti alla corte di cassazione, al consiglio di stato, alla corte dei conti.
Tutti i giudici restano incarica 9 anni. Quando la corte è chiamata a giudicare il capo dello stato, ai quindici giudici normali si aggiungono altri 16 giudici aggregati. Questi sono tratti a sorte da un elenco di cittadini che viene compilato ogni 9 anni dal parlamento riunito in seduta comune.
DALLO STATUTO ALBERTINO ALLA COSTITUZIONE ITALIANA
Lo Statuto albertino fu emanato da Carlo Alberto, re del Regno di Sardegna, il 4 marzo 1848 come “legge fondamentale ed irrevocabile” che sostituiva l’ordinamento monarchico costituzionale alla monarchia assoluta nello stato piemontese. Con la formazione del Regno d’Italia, divenne la legge fondamentale del nuovo Stato e restò in vigore fino al 1 gennaio 1948.
to albertino si componeva di 81 articoli 22 dei quali erano riservati per definire le prerogative del re al quale era attribuito il potere esecutivo, la nominale sovrintendenza del potere giudiziario, la partecipazione al potere legislativo insieme al Parlamento.
Il sistema di rappresentanza era bicamerale: il Senato era composto da membri nominati a vita dal re; alla Camera dei deputati accedevano i rappresentanti della nazione, votati in base a una legge elettorale che non era inclusa nello Statuto. Erano garantiti i diritti fondamentali dei cittadini e l’inviolabilità della proprietà individuale.
Si adattò ai mutamenti sociali e istituzionali che derivarono sia dall’unificazione dell’Italia, sia dall’estensione del diritto di voto, sia dal passaggio nel 1922 dallo stato liberale a quello fascista.
I principi essenziali dello Statuto albertino sono:
· la libertà di pensiero, di parola e l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge;
· il potere esecutivo riservato esclusivamente al re; il potere legislativo condiviso con il parlamento; il potere giudiziario affidato a magistrati di nomina regia;
· la responsabilità dei ministri solo di fronte al re;
· la dichiarazione della religione cattolica come “ religione di Stato”.
Lo Statuto era caratterizzato dal fatto di essere:
- una costituzione concessa: lo Statuto non era frutto di una collaborazione con il popolo;
- una costituzione flessibile: lo Statuto poteva essere modificato con leggi ordinarie. La sua elasticità permise il passaggio da una forma costituzionale pura ad una parlamentare; non garantì le libertà democratiche e permise il passaggio al regime fascista in modo formalmente legale;
- una costituzione monarchica: la struttura dello Stato era di tipo monarchico;
- una costituzione rappresentativa: la camera dei deputati era un’assemblea eletta;
- una costituzione confessionale: nella fase iniziale lo Statuto prevedeva come sola religione di stato quella cattolica.
La forma di governo introdotta con lo Statuto albertino non era fondata su una netta separazione dei poteri:
· il sovrano aveva il potere esecutivo;
· il Parlamento, composto da due camere (Camera dei deputati e Senato), condivideva con il re la titolarità del potere legislativo. Le due camere non erano poste su un piano di parità: aveva maggiori poteri la Camera dei deputati;
· ai giudici era affidato il potere giudiziario.
Con le leggi fasciste del 1925, lo Statuto albertino venne notevolmente alterato, al punto da rendere la struttura stessa dello Stato di tipo autoritario-totalitario. La modifica statutaria, finiva per attribuire una posizione di preminenza giuridica al Primo ministro rispetto ai singoli ministri.
A questo importante cambiamento istituzionale seguì, nel 1939, la sostituzione della Camera dei deputati con la Camera dei fasci. In pratica la Camera era formata in parte dai Consiglieri nazionali e in parte dai membri del Gran consiglio del fascismo.
Così la Camera, divenuta assemblea permanente, si formava in seguito alla nomina o alla decadenza dalle suddette cariche, senza dover ricorrere, per il suo rinnovo, a periodiche consultazioni elettorali.
Le riforme legislative in atto determinarono il progressivo instaurarsi di un regime di governo totalitario, basato sul riconoscimento di un unico partito, quello fascista.
La crisi costituzionale seguita alle vicende belliche che sconvolsero il paese si aprì il 25 luglio 1943 con la revoca di Mussolini da capo del Governo; questa fu avviata per iniziativa del re e fu sostenuta dallo stesso Gran consiglio, che affidava in via provvisoria il potere esecutivo al maresciallo Badoglio.
Con il decreto del 2 agosto il re stabilì lo scioglimento della Camera dei fasci accelerando il crollo di un regime.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, l’Italia restava divisa in due: al nord, ancora in mano ai tedeschi con il regime fascista; al sud, occupato dagli anglo-americani, veniva ripristinato l’ordinamento monarchico.
Per sanare questa frattura, nell’aprile del 1944 si giunse a un accordo tra i comitati di liberazione nazionale e Vittorio Emanuele III, proclamando la tregua istituzionale. Intanto, prima della ritirata delle forze tedesche dall’Italia, il 5 giugno 1944 il re affidava al figlio Umberto la luogotenenza del Regno, attribuendogli i poteri di capo dello Stato. Il luogotenente generale accettò il principio che fosse rimessa al popolo la libera scelta circa la forma istituzionale monarchica o repubblicana, così il 2 giugno 1946 ci fu il referendum, al quale tutta la popolazione italiana fu convocata per la scelta fra monarchia e repubblica, in questo modo fu proclamata la Repubblica. Dopo il referendum, il 25 giugno 1946, si riunì l’Assemblea Costituente (assemblea formata da 556 membri, per approvare la nuova Costituzione repubblicana) che affidò la redazione della nuova Costituzione repubblicana a una commissione formata da 75 deputati, ( suddivisa in tre sottocommissioni, rispettivamente incaricate di elaborare le diverse parti dell’intero progetto costituzionale), che concluse i lavori, in seduta plenaria, il 22 dicembre 1947 con l’approvazione a scrutinio segreto del testo definitivo.
La promulgazione da parte del capo dello Stato provvisorio Enrico de Nicola, dopo cinque giorni, e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, permisero l’entrata in vigore della nuova Costituzione il 1° gennaio 1948.
La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato.
Entrata in vigore il 1 gennaio 1948, fu firmata dal presidente della Repubblica Enrico De Nicola e controfirmata dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dal presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini.
La Costituzione è composta da 139 articoli e da 18 disposizioni transitorie e finali.
· I principi fondamentali (art. 1-12).
· Parte prima (art. 13-54) riguarda i diritti e i doveri dei cittadini.
· Parte seconda (art. 55-139) è la parte più estesa della Costituzione. In questa sezione sono stabiliti i poteri, la composizione e la nomina degli organi fondamentali dello Stato.
Gli organi costituzionali sono:
· il Parlamento;
· il Presidente della Repubblica;
· il Governo;
· la Magistratura;
· la Corte Costituzionale.
La Costituzione è caratterizzata dal fatto di essere:
- una costituzione compromesso: l’articolazione della Carta costituzionale si fonda sull’accordo fra i diversi partiti del Comitato di liberazione nazionale. Il compromesso raggiunto permette un equilibrio, che dà il giusto peso sia alle esigenze di riconoscere e garantire le libertà sia a quelle di realizzare uno Stato sociale;
- una costituzione lunga: il testo costituzionale indica le linee fondamentali dell’ordinamento dello Stato, definisce i diritti fondamentali, organizza i diversi aspetti della società;
- una costituzione votata: il testo costituzionale è approvato da un’Assemblea costituente eletta dal popolo;
- una costituzione rigida: a differenza dello Statuto albertino, essa può essere modificata solo attraverso un procedimento speciale. Ciò fornisce una garanzia al mantenimento delle libertà democratiche;
- una costituzione laica: tutte le fedi religiose, se in linea con il nostro ordinamento, hanno uguale diritto di esistere e operare sul territorio nazionale;
- una costituzione pluralista: lo Stato riconosce e tutela le diverse forme nelle quali si esprimono le molteplici sfaccettature della società;
- una costituzione liberale; i principi di libertà sono riconosciuti e garantiti dall’ordinamento;
- una costituzione sociale: lo Stato interviene in modo diretto per garantire l’uguaglianza fra i cittadini.
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