sabato 19 maggio 2007

Istinti e passioni

È difficile dare una definizione netta di passione e istinto, ma la spiegazione più semplice è quella che deve tener conto dei complessi fenomeni biologici che giustificano l’insorgenza di determinati stati emotivi.

In psicologia per passione s’intende una tendenza in forte tensione, capace di perdurare e dominare attraverso emozioni, immagini, idee e tutte le altre forze dello spirito. Nella passione soprattutto durante la sua fase acuta o dispotica, domina una logica di sentimenti che si distingue da quella razionale.

Sappiamo bene che non è tutto così roboticamente spiegabile, e che le emozioni implicano processi cognitivi non trascurabili: emozione e agire cosciente sono cioè indissolubilmente legati nel nostro cervello. Eppure, fino a mezzo secolo fa la scienza biologica considerava istinto e passione anatomicamente separabili in ammassi di cellule nervose della materia cerebrale.
Gli stati emozionali hanno un’organizzazione estremamente complessa, che collega fra loro varie strutture cerebrali attraverso reti di circuiti spesso bidirezionali. Una massa fatta di nuclei di cellule tra loro geneticamente affini, saldati da ultramicroscopici punti di contatto i quali scaricano nel sottilissimo spazio che separa un neurone dall’altro ( la fessura sinaptica ) rapidissimi trasmettitori di informazione chimica, e nello spazio di microsecondi creano quella sensazione di stato emotivo a noi tutti ben nota. Per questo arrossiamo, proviamo batticuore, senso di disagio, a volte improvvise vertigini o cambi dell’umore.
L’emozione resta per il neurobiologo il realistico prodotto dell’attività concertata di milioni di elementi cellulari del sistema nervoso.
Anche Charles Darwin scriveva, ne “L’origine dell’uomo” ( 1871 ):

“Il fatto che gli animali a noi sottostanti risentano le medesime emozioni che risentiamo noi stessi è tanto evidentemente confermato, che non è necessario tediare il lettore riferendo molti particolari. Il terrore ha la stessa azione sopra di essi come sopra di noi, facendone tremare i muscoli, battere il cuore, rilasciare gli sfinteri, e drizzar i peli”.

Tale serie di modificazioni è scatenata da reazioni neuroendocrine controllate dal sistema nervoso simpatico ( il principale regolatore delle funzioni viscerali) e accompagna l’esperienza emozionale, fatta anche di elementi cognitivi e di segnali di comunicazione fra individui della stessa specie volti a trasmettere istinti e passioni.
I metodi di studio dell’espressione delle emozioni nell’ Homo sapiens hanno risentito di studi sul comportamento animale. L’espressione di emozioni quali paura, gioia e collera può venire accuratamente valutata mediante la caratterizzazione dei gruppi muscolari implicati nelle mimiche facciali tramite il sistema di codificazione delle azioni facciali oppure quello che discrimina i movimenti del viso.
Se nell’uomo istinti e passioni seguono canoni soprattutto culturali, anche negli animali risposte fino a ieri considerate puramente “istintive” – e dunque immutabili perché inscritte nel patrimonio genetico della specie – si dimostrano in verità modificabilissime una volta accortamente penetrati i fattori determinanti che li scatenano.

Lo studio dei moti dell’anima, e delle loro manifestazioni visibili sul volto umano, ha dato vita a una lunga tradizione di “Trattati delle Passioni”. È soprattutto con Cartesio, e con il suo Trattato delle passioni dell’animo del 1649, che la classificazione sembra assumere una struttura completa e definitiva. Nella teoria cartesiana, sei diverse passioni fondamentali giocano nell’animo e sul viso dell’uomo: l’ammirazione, l’amore, l’odio, il desiderio, la gioia e la tristezza.

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